Chiara Rapaccini in arte semplicemente RAP



I personaggi, i nomi, i luoghi che vi sembrano veri,
sono finti.
Quelli che vi sembrano finti, sono veri.
Rap

 “In questo libro ci sono io, da piccola, da adolescente, da adulta, da grande.
Sempre bambina buona, dove per buona si intendono tante cose.”
Da “La bambina buona” Sonzogno, 2011

Come mai la tua biografia “La bambina buona” si compone di quattro quinti del racconto della tua infanzia e solo un quinto della Chiara adulta?
Quando ero in procinto di consegnare il manoscritto è successo che Mario è morto e poichè lui era un personaggio del libro, nel senso che era uno dei mostri de “Gli Addams”, così  presento la mia famiglia nel capitolo d’apertura, a quel punto mi era sembrato giusto aggiungere qualcosa di lui. Ho raccontato gli ultimi giorni che abbiamo passato assieme e ho anche pubblicato l'unico racconto che lui abbia mai scritto “Pattume”.

Leggendo il libro si capisce che l'infanzia è stato un momento bello della tua vita, e soprattutto, che ancora continua ad essere una fonte di ispirazione.
Devo dire che in realtà l'archetipo dell'infanzia è per me ancora irrisolto tant’è che è diventato l’oggetto del libro che sto scrivendo. Ne “La bambina buona” parlo della mia infanzia felice, però anche dei mostri che l'hanno popolata! Come in ogni fiaba che si rispetti, anche la mia fiaba ha le sue minacce. Comunque, resta il periodo più bello della mia vita, perché è un periodo dove la realtà ha giocato una parte minima e la parte più grossa l'ha avuta il gioco. Io giocavo moltissimo, con  mio fratello, con le mie amiche,  passavamo così la maggior parte del nostro tempo dopo la scuola. 
“La bambina buona” ha rappresentato per me una rottura, una svolta che mi ha permesso di chiudere con il mondo della letteratura per bambini. Un’attività che è stata il mio campo per tanti anni e di cui francamente ero un pò stanca. Finalmente divento scrittrice di libri per adulti ! E mi è sembrata un'ottima opportunità iniziare questo nuovo percorso parlando della mia infanzia.

Penso che il libro possa essere ben valutato dalle donne. Prima di tutto, per il fatto di essere il ritratto di una donna non convenzionale, che ha fatto un percorso a dir poco singolare. La compagna di una vita di un uomo che, quando ha conosciuto a vent’anni, lui ne aveva già sessanta. Il che comporta un percorso di vita con delle sfide non da poco. Un uomo di grande spessore, cultura, un artista geniale, a cui ha dovuto accompagnarsi, fronteggiandolo, in qualche modo, per non rimanerne schiacciata per un periodo così lungo, trent’anni.

Firenze è stata il palcoscenico felice della mia infanzia prima e della giovinezza poi. Una città protetta in quegli anni, sicura e allegra, delle comunità hippy, di una gioventù che girava in bicicletta anche di notte senza timore. Sono passata poi improvvisamente al palcoscenico della vita che Mario mi ha offerto. Passando da un set all'altro, da una finzione all'altra. Questa è stata la mia vita. E con la morte di Mario l'ultimo palcoscenico se n'è andato.
Sì in effetti la mia è un'esperienza unica. Il fatto che io sia riuscita a sopravvivere alle complessità  di questo tipo di esistenza è dovuto anche, io penso, al fatto che in tutti questi anni non ho mai avuto alcun dubbio nei riguardi della mia arte. Ho sempre sentito che dovevo proteggere Chiara che voleva dipingere, che voleva scrivere, che voleva disegnare. E’ questo che mi ha aiutato ad andare avanti e a rimanere me stessa. Poi ho avuto il sesto senso di capire, fin da subito, che non dovevo entrare nel mondo del cinema, perchè mi avrebbe fagocitata.  In quel mondo, erano tutti più grandi di me. Il mio istinto, che poi è stato un istinto di sopravvivenza, mi ha subito tenuta fuori. Anche se la tentazione è stata forte. E l' ho avuta per tanto tempo. Lavorare nel cinema che ne so come costumista o scenografa, come attrice perché no, ero bella lo potevo fare.
Certo, non è stato per niente semplice. Se pensiamo che spesso le donne compagne di artisti geniali, come Picasso, T.S. Eliot, penso a Rodin e Claudine, sono diventate pazze.
Comunque tornando al libro, so che è stato apprezzato dalle coetanee di mia figlia, ad esempio, e più in generale mi sembra di poter dire, che i commenti di un certo spessore mi sono venuti più dalle donne che dagli uomini.

N.B. Il caso ha voluto che l’intervista abbia avuto luogo quando ricorreva il settimo anniversario della morte di Mario Monicelli, il 29 novembre 2017.


I personaggi che vi sembrano veri sono finti.
Quelli che vi sembrano finti sono veri.
Da Baires  di Chiara RapacciniFazi Editore, 2016

La protagonista del libro è Frida. Dall’albero genealogico della “famiglia Addams”, descritto e raccontato ne “La bambina buona”, sappiamo è il nome della nonna, di origini nordiche, di Chiara.
In lutto per la morte del suo compagno, sopranominato “il vecchio”, Frida è alla ricerca di un nuovo inizio nella sua vita di cinquantenne, ma non ci riesce. Colmi di dolore, lei e il figlio, partono per Buenos Aires,  Baires per la gente del luogo, dove allestirà una sfilata di moda.
E’ l’Argentina lo scenario per le vicende in cui Frida si troverà coinvolta. Un viaggio iniziatico che prende l’avvio proprio con un battesimo simbolico, quando Frida rischierà di annegare nelle acque melmose del Rio de la Plata che attraversa la città. Il viaggio inizia come tutti i viaggi, con curiosità, e eccitazione, anche per chi legge, perché l’autrice intreccia nel racconto gli elementi biografici con descrizioni antropologiche e la fantasia. E’ questo un mix che diventa la cifra della narrativa di Baires.
Come in ogni viaggio sciamanico che si rispetti, la protagonista ad un certo punto deve perdersi, smarrirsi fisicamente e psicologicamente, non trovare più i punti di riferimento abituali, per riuscire a lasciar andare il suo sé abituale. Solo così potrà aprirsi al nuovo. Una volta che “il vecchio io” l’abbandona, la sua nuova identità può farsi strada. E’ questo un momento toccante del libro, un incontro prima, e una trasformazione poi, che Chiara descrive con abilità,  accompagnando chi legge nel percorso “come se fosse lì”.
E’ un libro originale, non è un libro di viaggio, né un’autobiografia, né una fiaba, eppure mescola i generi e addirittura nel finale diventa un thriller con il colpo di scena che rovescia tutto e…rimescola le carte per un nuovo possibile inizio!
Baires è stato scelto dalle/i partecipanti del gruppo di lettura che ho condotto nell’autunno 2017 all’Istituto Italiano di Cultura di Londra, avente per tema “Viaggiatrici e Reporter”. E’ stato letto e commentato da un gruppo eterogeneo di persone, inglesi, italiane, argentine e altre nazionalità, che l’hanno amato e commentato con passione e partecipazione.

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